Sistema diffuso di informazione ed educazione ambientale sulle foreste

Foresta Demaniale Montarbu - Sentiero didattico

 

 

“Rio Ermolinus: il ruscello nel bosco”

 

 

Località:

Caserma Ula – Trancallai –Ermolinus -  

Aree tematiche:

Paesaggi naturali e culturali delle foreste; I segni del passato

Percorso:

anulare, km 1,6; i primi 460 mt sono fruibili dai portatori di handicap; possibile diramazione verso nord nel ponte di Trancallai

Pendenza:

pianeggiante

Difficoltà:

molto bassa

Tempo di percorrenza:

h 1.30’ a passo lento

Area di sosta:

attrezzata con tavoli e panche nel centro servizi presso la caserma

Abbigliamento:

abiti sportivi e comodi, scarponcini o scarpe da tennis.
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utilità schede tecniche flora - schede tecniche fauna

 

 

…Camminando, camminando lungo il ruscello.

Il Rio Ermolinus è un torrente che scorre su una dolina incisa sino agli scisti paleozoici che si trovano alla base dei tacchi. Lungo il sentiero è possibile ammirare la morfologia dolce delle formazioni di scisti in cui sono evidenti, per il geologo, le pieghe, le faglie e tutti gli stress e le trasformazioni subiti dalle rocce nel trascorrere del tempo. Ad un certo punto davanti a noi dalla fitta vegetazione appare la falesia del Montarbu, dove è possibile ammirare la successione dei “tacchi”, composti, dal basso verso l’alto, da conglomerati, arenarie e argille, che poggiano in discordanza angolare sul penepiano ercinico. La loro formazione è avvenuta attraverso una deposizione tipicamente deltizia che ha avuto inizio nel periodo giurassico (tra i 180 e i 135 milioni di anni fa) dell’Era secondaria (Mesozoico), più esattamente nel Dogger . La parte superiore è caratterizzata da sedimenti marini propri delle facies del Dogger, in prevalenza calcari e dolomie. Nelle argille sono contenuti i resti di una flora caratterizzata da antiche felci e gimnosperme (Coniopteris e Williamsonia); nei calcari si osservano, in prevalenza, tracce di Lamellibranchi, Gasteropodi, Brachiopodi e rari oogoni di tallofite appartenenti alla famiglia delle Caracee (Charofite) che caratterizzano le facies Baiociano e Batoniano. Il passaggio tra gli scisti paleozoici e i tacchi del giurese in alcuni tratti è segnato dalla presenza di depositi dell’ultimo periodo dell’Era primaria: il Permiano. In questo periodo, durato cica 50 milioni di anni (270 – 225 milioni di anni fà), in Sardegna si è manifestata una fase di spiccata continentalità. Litologicamente, nella serie sedimentaria del Permiano, si possono distinguere dal basso verso l’alto: conglomerati che rappresentano la trasgressione sul substrato ercinico; peltiti e siltiti carboniose, di cui alcuni strati presentano una flora a conifere (Walchia) in ottimo stato; quindi le arenarie grigio verdastre, che presentano anch’esse dei resti fossili vegetali, più scarsi e mal conservati. In ultimo, al tetto, troviamo ancora dei conglomerati. Dello stesso periodo si trovano anche delle rocce vulcaniche, a nord della casermetta di Montarbu.

Nel letto del torrente, che è perenne, si ha del travertino in formazione che compone un armonico insieme di vaschette “piscinas” dove con un po’ di fortuna, affacciandoci sui ponticelli in legno sul Rio Ermolinus si può scorgere la trota sarda (Salmo trutta macrostigma) ferma tra le rocce e le piante acquatiche. Lungo il sentiero sono presenti delle carbonaie “fogaiasa”, testimonianza dell’attività dell’uomo nella foresta. A partire dagli anni 30’ nella Foresta Demaniale è iniziato un taglio indiscriminato che si è intensificato negli anni della guerra, con conseguenze devastanti per la foresta. Furono abbattuti, con taglio raso, boschi secolari dei quali rimase circa il 40% per ettaro di matricine. I tagli si protrassero fino agli anni 60’, con lo scopo di produrre carbone vegetale che veniva esportato in continente ed era destinato generalmente ad uso familiare. Dalla legna si estraeva anche il tannino, utilizzato per la conciatura del cuoio. Altri elementi della memoria sono i vecchi canali “Is Corasa” che servivano a portare l’acqua per irrigare gli orti della parte bassa del sentiero, dove sono visibili i resti dei vecchi terrazzi coltivati prevalentemente a fagioli, di cui i vecchi del paese ricordano con nostalgia gli abbondanti raccolti. A testimonianza de is corasa sono rimasti dei muretti a secco dove scorrevano sospesi i canali. Lungo tutto il sentiero è presente una vegetazione rigogliosa costituita da agrifoglio, tasso, carpino nero, frassino, ontano, leccio e il cedro, impiantato dal Pavari alla fine dgli anni ’20, che sta ormai rinnovandosi spontaneamente. Importanti testimoni di periodi lontani, assai più freddi, sono il tasso e l’agrifoglio, da osservare con rispetto. Particolarmente bella da vedere è la campagna in primavera, con le splendide fioriture dei prati e degli arbusti e in autunno, quando la varietà dei colori e le sfumature di verde, giallo, rosso e marrone si confondono tra loro e ci danno il senso del trascorrere delle stagioni.

Nella zona bassa del sentiero si incontrano “i due sposini”, due lecci monumentali disposti sulle sponde opposte del torrente. Nella foresta sono poi presenti numerosi alberi monumentali cui è stato dato un nome e che meritano di essere citati: S’Ilixi de Canali, un leccio di 25 m. d’altezza e 6 m. di diametro; S’Ulimu de Pauli, un pioppo della varietà “canescens”, 22 m. di altezza e 5 m. di diametro; Su Lidoni de Traviarbus, un corbezzolo di 9 m. di altezza e quasi 2,50 m di diametro.

Il conte Carlo Alberto della Marmora, nel suo “Viaggio in Sardegna”, così scriveva sulla Foresta di Montarbu: “Il bosco era talmente fitto e alto che, nel percorrere i sentieri interni alla foresta, era buio anche di giorno”; la nostra speranza è che dopo un secolo di “maltrattamenti” ci si possa almeno avvicinare a quell’ambiente che conobbe il della Marmora nei suoi viaggi e non si debba parlare degli alberi monumentali solo come testimonianza di ciò che un tempo era presente ed ora non è più.

 

 

La fauna.

La morfologia accidentata della foresta di Montarbu, la presenza del bosco naturale, il regime protezionistico hanno impedito l’estinzione di numerose specie animali di rilevante interesse naturalistico, scientifico e storico. Tra queste, il muflone (Ovis musimon) è l’animale simbolo del territorio. La mufla Stellina per circa 15 anni è stata la mascotte del Centro Servizi, oggi in tutta la foresta i mufloni sono numerosi, così come i cinghiali che trovano condizioni ideali per l’alimentazione in tutti i periodi dell’anno. Il cervo sardo (Cervus elaphus corsicanus) estinto, è stato reintrodotto di recente, come il daino (Dama-dama) in appositi recinti di ripopolamento e preambientamento. Nel folto del bosco, con un po’ di fortuna e molta pazienza è possibile vedere il Gatto selvatico e la martora (su sbirru), tra i rapaci non è raro incontrare l’aquila del Bonelli, la poiana, l’astore sardo, il gheppio.

 

Ermolinus: il ruscello per i diversamente abili.

Il primo tratto di circa 460 m. è fruibile dai diversamente abili, che potranno arrivare fino al ponticello di Tracallai, scendere per circa altri 100 mt  e visitare la carbonaia ed ammirare l’ambiente naturale circostante.