Sistema diffuso di informazione ed educazione ambientale sulle foreste

Foresta Demaniale Limbara Sud (Berchidda, SS) - Sentiero didattico n° 1 

“Allo stazzo di Ziu Daniele: dall’utilizzo delle risorse alla conservazione e valorizzazione della biodiversità dei paesaggi”

 

Località:

Vivaio - Stazzu di Ziu Daniele

Aree tematiche:

Paesaggi naturali e culturali; Segni del passato

Percorso:

anulare, km 1,330

Pendenza:

bassa (500 – 580 m slm)

Difficoltà:

bassa

Tempo di percorrenza:

80’ a passo lento

Area di sosta:

attrezzata con tavoli e panche in località Vivaio;

Abbigliamento:

abiti sportivi e comodi, scarponcini o scarpe da tennis
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utilità schede tecniche flora - schede tecniche fauna

 

I consigli di “Ziu Daniele”: osserva ed interpreta i paesaggi!

 

 

Il vivaio

Il percorso inizia dal vivaio, dove sono presenti in ordinate aiuole piccoli pani di terra con giovani piantine; qui sono conservate gran parte delle specie, conifere e latifoglie, generalmente utilizzate nelle attività di sistemazione dei versanti (rimboschimenti) che hanno caratterizzato la politica forestale regionale degli ultimi 50 anni.

Il vivaio oggi non ha uno scopo produttivo, essendo in gran parte terminata la grossa opera di rimboschimento, ma è stato trasformato in un’orto botanico, ad uso di studenti e associazioni.

Attraversando un ponticello ci si addentra nella seconda sezione del vivaio, molto più simile ad un tradizionale frutteto, dove è conservata una collezione di cultivar di piante da frutto (melo, pero, ciliegio, susino) della Sardegna, che costituisce un esempio della conservazione delle risorse genetiche vegetali della Sardegna: in futuro potranno essere gustate le succulente pere camusine, …. e tanti altri frutti dai ricchi e sconosciuti sapori.

 

I primi rimboschimenti in Sardegna sono stati effettuati dall’inizio del 900 ed avevano una funzione essenzialmente di sistemazione dei versanti degradati a causa della forte pressione dell’uomo (incendi e pascolo).
Il maggior impulso alle attività di rimboschimento si ebbe negli anni ’50, quando con l’istituzione della cassa del mezzogiorno vennero rimboschiti migliaia di ettari, comprese le pinete litoranee con lo scopo di fissare le dune eoliche, dei quali i migliori esempi sono oggi osservabili nella Pineta di Is Arenas, porto Ferro e marina di Sorso. Le attività sono poi proseguite negli anni ’70 con il Piano di rinascita e negli anni 80-90 con il Piano di Riforestazione della Regione Sardegna. La Sardegna oggi rappresenta la Regione italiana con la maggior superficie interessata da rimboschimenti.

 

Su Logu: Di fronte al Lago Coghinas

Proseguendo lungo la pista, ed attraversato il cancello del vivaio, la via comincia a salire gradualmente; un tratto particolarmente ripido ci costringe a primavera inoltrata a fermarci per sfilarci la giacca; ne approfittiamo per osservare il vivaio ma siamo attratti dalla diversità dei paesaggi che ci si presentano: la Piana di Chilivani e Ozieri, il Lago del Coghinas, il Monte Acuto e sullo sfondo i monti di Alà, Su Filigosu e il Monte Lerno, in contrasto stridente con i graniti del Limbara che si ergono maestosi e brulli alle nostre spalle.

Si tratta del bacino del fiume Coghinas, uno dei maggiori fiumi della Sardegna, che scorre parallelamente alla catena montuosa del Marghine-Goceano e sfocia nel Golfo dell’Asinara dopo un percorso di 123 km. Questo bacino idrografico è particolarmente caro ai forestali del secolo scorso per le grandi opere di rimboschimento realizzate a fini di protezione e difesa del suolo; in questo modo e con questi interventi si sono ricostituite o conservate le storiche Foreste Demaniali del Nord Sardegna: Monte Pisanu (Bono, Bottida), Anela, Fiorentini (Bultei), Monte Lerno (Pattada), Monte Olia (Monti, Berchidda).

 

Tutti i laghi in Sardegna, ad eccezione del lago di Baratz, sono invasi artificiali.
Il lago del Coghinas, creato nel 1927 dallo sbarramento del fiume più importante della provincia di Sassari, con i suoi 250 000 000 m³ d’acqua, è il secondo lago artificiale sardo.
Sebbene sia un invaso artificiale, il lago del Coghinas ha arricchito la diversità ambientale del Monte Acuto: rappresenta un habitat importante per numerose specie acquatiche, specialmente uccelli mi-gratori che in inverno affollano in stormi le sue acque tranquille.

 

Camminando verso i tafoni granitici: i paesaggi della macchia mediterranea e del bosco mediterraneo

Dopo un meritato riposo, e le emozioni godute, riprendiamo il cammino osservando le forme aspre e prive di vegetazione delle cime del Limbara (P. Balestreri, P Sa Berretta).

Il percorso che affrontiamo ci permette di attraversare diversi formazioni forestali, dalla macchia bassa e degradata, alla macchia evoluta, sino a piccoli tratti di lecceta, testimonianza della copertura forestale della zona.

Dovendo realizzare un erbario delle specie forestali e preforestali, dovremmo semplicemente fare un pò di attenzione, ed avere a disposizione un bel po’ di sacchetti per conservare il materiale prelevato. La presenza di una zona mantenuta nuda e privata volontariamente della vegetazione (fascia parafuoco), ci riporta alla realtà e alle continue minacce a cui è sottoposto il bosco da parte dell’uomo, soprattutto con gli incendi.

Un esercizio, da un punto particolarmente panoramico, potrebbe essere il provare ad interpretare il paesaggio come conseguenza della passata pressione antropica. I rimboschimenti con il Pino marittimo e il Pino d’Aleppo evidenziano quelle zone dove il forestale è dovuto intervenire artificialmente per accelerare il processo di riappropriazione del territorio da parte della vegetazione, i lembi residui di lecceta ci mostrano le potenzialità del territorio, e la via maestra per completare l’azione di restauro, le formazioni della macchia invece ci illustrano e esemplificano il forte dinamismo della vegetazione verso formazioni più complesse, più ricche, più equilibrate, ed in grado di svolgere tutte le funzioni del bosco che fin dalla scuola materna i nostri educatori ci hanno illustrato. Ma la foresta non è solamente natura e conservazione, la foresta costituisce una risorsa economica che se opportunamente valorizzata, è in grado di rispondere alle esigenze delle comunità locali; la sughera, presente in maniera sporadica è una delle testimonianze della potenzialità produttiva del bosco mediterraneo.  

 

Il Monte Limbara è il più elevato e caratteristico massiccio granitico della Sardegna (1362 metri della Punta Sa Berretta). Il rilievo è costituito in prevalenza da granito rosato a grana media, tagliato da una fitta serie di diaclasi generalmente molto inclinate o subverticali aventi prevalente direzione NE-SO. Dalla cima del massiccio, oltre le magnifiche forme a cupola, a torrione, alle cataste di blocchi e alle rocce in bilico, si scopre tutt'intorno la tipica morfologia gallurese costituita da vasti ripiani, cosparsi in superficie da una moltitudine di massi granitici e di creste dentellate, progressivamente degradanti verso l'Arcipelago della Maddalena

 

Su Logu – Lo stazzo di Ziu Daniele e l’utilizzazione pastorale del Monte Limbara

Proseguendo il percorso segnalato, svoltiamo a sinistra lungo un sentiero che pare scavato nella macchia, quasi una trincea nella folta e rogogliosa vegetazione dominata dal corbezzolo. Non appena la vegetazione si dirada e si abbassa, di fronte a noi si ergono i resti di un vecchio stazzo; le forme, ancora intatte, ci permettono di immaginare a Ziu Daniele, con i suoi lineamenti marcati e la pelle indurita dal sole, intento a raccogliere le sue capre disperse nella macchia e mungerle.

L’economia di quest’area, prima della demanializzazione dei terreni avvenuta negli anni ’70, è sempre stata basata sull’allevamento del bestiame che ha modellato il territorio; il mantenimento di queste strutture agropastorali, come stazzi, recinti per il bestiame ci consente di tenere vivi quei paesaggi culturali che i nostri nonni e bisnonni hanno vissuto.

Siamo giunti quasi alla fine del sentiero e con un ultimo sforzo (o rimpianto per la fine di un allegro gioco) attraversiamo con attenzione un ponticello sul laghetto che sovrasta il vivaio; alcune grosse piante che ombreggiano uno spiazzo sono occasione di uno scambio di riflessioni, tra chi si è soffermato sui particolari e chi invece ha apprezzato i paesaggi.

 

Una considerazione finale all’ombra del grosso pino e prima di risalire sullo scuolabus o sull’automobile

Abbiamo percorso un sentiero di circa 1 chilometro e 300 metri, più o meno il doppio della distanza che quotidianamente percorriamo per recarci a scuola, o al supermercato; lungo la via, a volte spingendo i compagni, in alcuni momenti giocando con il cellulare, o pensando di lanciare un petardo (tutte vostre riflessioni di fine attività), abbiamo sperimentato con tutti i sensi, e possibilmente di più, la complessità del bosco, la sua struttura, la sua composizione, le sue reazioni al disturbo. Forse ora possiamo capire un po’ meglio il concetto di biodiversità.

Ma tornando possiamo soffermarci su molte altre cose; il modo con cui le diverse specie ricolonizzano l’ambiente, l’adattamento delle stesse a condizioni particolari molto locali e particolari, le altre componenti dell’ecosistema forestale analizzando le tracce degli animali selvatici, etc..

Dalla biodiversità potremmo incominciare a pensare alla funzionalità di quel complesso sistema biologico che è il bosco, che per le funzioni che svolge dovrebbe essere considerato “un soggetto di diritto in grado di autodeterminarsi”, e di auto-organizzarsi di conseguenza. Dovrebbe essere stimolante …. Torniamo in classe e proviamo a pensare a qualche attività su questi argomenti da fare nel prossimo anno scolastico o in questo scorcio di semestre.